Fare sacrifici per l’altro non è un modo per dimostrargli il nostro amore? Dipende!!!! Non sempre ciò che chiamiamo “sacrificio” è espressione di amore…vediamo perchè e come riconoscerlo. E’ molto diffusa nella mentalità comune l’idea che per amore sia necessario sacrificarsi, sia nella coppia che nei rapporti familiari in genere. Come psicologa ho avuto modo di studiare nella terapia di coppia come la parola sacrificio possa essere portatrice di significati molto diversi e, a seconda di come la si intende, avere una connotazione “sana” e una più “patologica”.
In realtà, se si indaga l‘etimologia del termine “sacrificio” si scopre che viene dal latino sacrum facere, ovvero “compiere un’azione sacra“. Il sacrificio correttamente inteso sarebbe, perciò, il compimento di un’azione che serve a rendere omaggio a qualcuno o qualcosa che ha grande valore per me.
E’ evidente, in questa accezione, come un’azione che porti valore, che esprima la sacralità e l’importanza di qualcuno per me, non abbia a che vedere con emozioni quali rabbia e recriminazione…al massimo può essere un’azione che comporta una fatica che, però, viene compensata dalla gioia di aver fatto qualcosa in onore di qualcuno che amo.
Il sacrificio giusto e quello sbagliato
Vediamo allora, con maggiori dettagli come distinguere un sacrificio “sano” da uno “patologico”.
Il sacrificio patologico lo si può riconoscere perchè:
- viene percepito come un dovere che toglie spazio a ciò che si desidera
- pretende riconoscimento e ringraziamento da parte degli altri
- è accompagnato da emozioni negative quali senso di frustrazione e rabbia
- non viene vissuto come scelta ma come obbligo
- viene usato come merce di scambio (“visto che io ho fatto questo ora tu devi fare quest’altro!“)
- è caratterizzato da vittimismo e senso di inferiorità
Quando in una relazione si mettono in atto comportamenti sacrificanti che presentano più di una di queste caratteristiche in modo stabile e ripetuto nel tempo (non un semplice momento di stanchezza, per intenderci) allora non possiamo dirci di trovarci di fronte ad un comportamento frutto di una scelta dettata dall’ Amore.
I sacrifici “patologici” sono, paradossalmente, molto pericolosi in una relazione perchè tendono a creare dei rapporti non equilibrati in cui uno dei due prende su di sè il peso della relazione sacrificandosi per il bene comune, per poi, però, rinfacciarlo alla prima occasione se dall’altra parte non si viene corrisposti con eguali sacrifici.
Alcune persone tendono a ritagliarsi, nella coppia, il preciso ruolo di “partner sacrificante” che si nutre proprio della sensazione di “presunto merito” che ricaverebbe per se stesso proprio dal fatto di mettere i bisogni dell’altro prima dei suoi. Spesso, chi si ritaglia questo ruolo, può nascondere difficoltà di autostima e auto efficacia nel crearsi una propria vita staccata da quella del partner e la “spia” che ci indica se siamo in questa situazione è sempre la presenza di recriminazione, rabbia e pretesa nei confronti del partner. Potremo trovarci davanti, in questo ultimo caso, ad una vera e propria dipendenza affettiva.
Il sacrificio “sano“, invece lo si può riconoscere dalle seguenti caratteristiche:
- viene percepito come una scelta e non come un obbligo, ad esempio nel caso di una depressione post partum quando il marito si fa carico dell’ accudimento del piccolo in modo proporzionale
- non si aspetta riconoscimento e ringraziamento da parte degli altri (conflitto genitori figli)
- è accompagnato da emozioni quali pace interiore, serenità, allegria, sicurezza
- l’azione in sè può essere faticosa ma non crea rabbia nè recriminazione
Il comportamento esteriore, perciò, può essere lo stesso, ma avere dietro motivazioni e fondamenta completamente diverse.
I sacrifici all’ interno di un a coppia
Facciamo un esempio: un uomo viene trasferito per lavoro in un ‘altra città e, alla partner si pone il dilemma se seguirlo, lasciando il proprio lavoro, gli amici e la famiglia, o se rimanere nell’attuale residenza vivendo un rapporto a distanza per un periodo non definito.
La donna, dopo un periodo di riflessione, sceglie di seguire il partner nella nuova città. Questa scelta è, a tutti gli effetti, un “sacrificio” nel senso che è una scelta di valore, che mostra l’importanza che quella persona ha per un’altra, tanto da portarla a fare delle scelte faticose e impegnative.
Ma di tipo di sacrificio si tratta?
Per comprenderlo in pieno, ovviamente, avremmo bisogno di conoscere bene la storia personale della coppia…ma , per dare delle linee guida concrete per iniziare ad orientarci, avremo già una prima discriminante rispondendo alla seguenti domande:
La donna sceglie di seguire il partner perchè vuole farlo o perchè non potrebbe fare altrimenti?
Quello che la spinge è il desiderio di un progetto comune e di una vita insieme, anche a costo di dover apportare cambiamenti nella sua vita, o la paura della distanza? di non saper rimanere sola? la gelosia di non essere sempre presente?
Dalle risposte emergeranno i primi indizi di come, la scelta di trasferirsi, possa essere vissuta, sul lungo come un sacrificio sano o patologico, con tutte le conseguenze che questo potrà portare nel rapporto.
E’ fondamentale, allora, abituarci a discriminare ciò che chiamiamo abitualmente sacrificio per verificare se davvero sia una scelta dettata dall’Amore o se, invece, presenti una o più delle caratteristiche sopra menzionate e sia accompagnato da un senso di sofferenza e recriminazione. Questo ci permetterà di poterci lavorare, di poter fare un salto interiore personale e di prevenire dei futuri problemi di coppia
D.ssa Claudia De Masi