Durante un attacco di panico molte persone raccontano di sentirsi “fuori di sè”, distaccati da se stessi e dal mondo, quasi come in un sogno, vivono un senso di irrealtà, è il fenomeno della derealizzazione: cerchiamo di capirne qualcosa in più.
Cos’è la derealizzazione
La derealizzazione è espressione di un disturbo di tipo dissociativo della sfera psichica. La persona che nè è soggetta sperimenta di le cose intorno a lui (ambienti, oggetti, persone) come estranee e irreali e, talvolta sente anche le proprie parole o i propri gesti come non appartenenti a sè.
Il soggetto che ne soffre può sperimentare episodi di derealizzazione sporadici e brevi o anche prolungati nel tempo e nella frequenza ed esprimersi come sintomatologia di diversi tipo di disturbi, oltre ad ansia e panico, anche importanti, quali la schizofrenia, la depressione, il disturbo borderline di personalità e il disturbo ossessivo.
La derealizzazione è , molto spesso, anche associata all’utilizzo di sostanze stupefacenti e alcol.
Sintomi
Il distacco della derealizzazione può essere descritto come una sostanza immateriale che separa una persona dal mondo esterno, una sorta di nebbia sensoriale, una lastra di vetro o un velo che si frappone tra la persona ed il mondo esterno. Gli individui che sono colpiti da derealizzazione visiva descrivono ciò che vedono come una realtà che manca di vividezza e colorazione emotiva. La risposta emotiva al riconoscimento visivo dei propri cari può essere significativamente ridotta. I sentimenti di déjà vu sono comuni e i luoghi considerati familiari possono sembrare alieni, bizzarri e surreali.
Cause
La derealizzazione è scatenata da diversi fattori tra cui le condizioni neurologiche dell’epilessia (in particolare l’ epilessia del lobo temporale ), l’ emicrania e una lieve lesione alla testa . C’è una somiglianza tra ipo-emotività visiva, una risposta emotiva ridotta agli oggetti osservati e la derealizzazione. Questo suggerisce una rottura del processo attraverso il quale la percezione diventa emotivamente colorata.
La derealizzazione può anche manifestarsi come risultato indiretto di alcuni disturbi come la labirintite . Si ritiene che possa essere il risultato dell’esperienza dell’ansietà dovuta alla disparità funzionale che si pone tra la capacità di conciliare gli stimoli esterni relativi al movimento e all’equilibrio che sono compromessi dalla disfunzione vestibolare con le percezioni e le aspettative interne riguardo all’ambiente fisico.
Cannabis , sostanze psichedeliche, farmaci antidepressivi , caffeina , protossido di azoto , albuterolo e nicotina possono tutti produrre sensazioni che assomigliano alla derealizzazione, in particolare se assunti in eccesso. Possono avvenire episodi di derealizzazione con la sospensione di assunzione di benzodiazepine e oppiacei.
Derealizzazione e Ansia
Durante un attacco di panico o di forte ansia molte persone raccontano di sperimentare proprio questa sensazione di estraneità, a se stessi, all’ambiente in cui sono, alle persone che hanno vicino. In alcuni casi si accompagnano anche annebbiamenti della vista, sensazione di non riuscire a mettere bene a fuoco le cose intorno. Quando la derealizzazione è sintomo del panico si esprime soprattutto durante gli episodi di panico, in particolare alla presenza di ciò di cui si ha timore.
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Testimonianze
I problemi di Roberta (nome di fantasia per tutelare la privacy del paziente). cominciarono durante un viaggio di lavoro, in una convention molto affollata R, iniziò a sentirsi agitata, fuori luogo, con una sensazione di vertigine, sbandamento e giramenti di testa. il cuore iniziò a battere forte e le sembrava di non respirare bene. In poche parole, un forte attacco di ansia che, nel giro di qualche minuto si tramutò in panico costringendola ad uscire fuori e chiedere aiuto ad una collega perchè convinta di sentirsi male e di stare per svenire.
Tornata in albergo, dopo gli accertamenti del caso al pronto soccorso locale, ed esclusa ogni patologia organica, si sentì smarrita e confusa. Le avevano detto che probabilmente aveva avuto un attacco di panico ma, lungi dal rassicurarla, questa diagnosi la spaventava sia perchè non ne sapeva molto, sia perchè il ricordo di quella sensazione di “distacco dalla realtà” la terrorizzava, il pensiero di poter riprovare di nuovo un’esperienza del genere la atterriva.
Nel giro di qualche mese, seppur sostenuta da alcuni farmaci, R. iniziò ad avere seri problemi professionali dovuti al fatto che non riusciva più a rendersi disponibile per viaggi e trasferte. Partire e allontanarsi da casa la terrorizzava. Si era creata una routine rigida che le assicurasse di non essere mai da sola, nel caso si sentisse nuovamente male. Al di fuori di casa e lavoro erano contemplate solo poche e rare uscite ma mai in luoghi pubblici o affollati poichè temeva che quel tipo di situazioni le potessero procurare nuovamente quella terribile sensazione di distacco e “vuoto mentale” provato mesi prima.
Come uscirne
SI decise a chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta solo quando si rese conto che avrebbe potuto presto perdere il lavoro vista la sua continua indisponibilità al viaggiare.
Il percorso terapeutico di Roberta è stato intenso poichè all’inizio era davvero molto spaventata di ciò che avrei potuto chiederle ad abbiamo dovuto occupare un paio di sessioni solo per impostare il lavoro e una relazione di fiducia tra di noi.
Poi Roberta ha iniziato a seguire le tre fasi tipiche del protocollo per gli attacchi di panico (gestire l’emergenza, sbloccare il problema, consolidare i risultati) e già dopo 4 sedute iniziò a fare brevi passeggiate da sola, cosa che non si concedeva da mesi. ha avuto bisogno di uno spazio di 6 mesi e circa 12 incontri per ritornare a viaggiare, gestendo la sua paura e liberandosi dai fantasmi del panico.