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Con la parola “depressione” si intende, generalmente,un disturbo che provoca un continuo ed evidente calo dell’umore in una persona, portandola, più o meno lentamente all’isolamento dai rapporti sociali, all’abbandono delle pratiche quotidiane e professionali, alla totale mancanza di interessi e cura per se stessa.

A questa definizione descrittiva e molto semplificata, in realtà, corrisponde nel DSM-IV TR una vera e propria sezione dedicata, chiamata “Disturbi dell’Umore” che comprende la classificazione di una serie di possibili disturbi diversi tra loro ma tutti caratterizzati da squilibri umorali in alto (fasi maniacali) o in basso ( fasi depressive).

Senza scendere in particolari specifici, è importante, però, distinguere la presenza di EPISODI (depressivi, maniacali o misti) che riguardano periodi di non  oltre due settimane, da veri e propri DISTURBI (bipolare, ciclotimico, distimico, depressivo maggiore…) che coprono, invece, periodo molto più lunghi  alternando, al  loro interno,  più episodi con brevi interruzioni fra l’uno e l’altro.

Sintomi

Come ci si accorge che una persona sta iniziando a soffrire di depressione? E’ molto importante cogliere i segnali di cambiamento di una persona che possano fare pensare ad un problema di tipo depressivo. Come per ogni tipo di patologia, anche la depressione più viene presa in una fase iniziale più aumenta la possibilità e la velocità di recupero e completa risoluzione.

Senza dubbio il segnale più evidente e riconoscibile dall’esterno riguarda l’umore, che inizia ad essere basso per gran parte del tempo, ad esso si affianca una mancanza di stimoli e desideri, poca voglia di fare le cose sia quelle della quotidianità, sia quelle che normalmente considereremmo piacevoli.

Un’area che viene investita da cambiamenti è, quasi sempre, quella relazionale: la mancanza di desiderio si riversa molto frequentemente in una chiusura relazionale, poca voglia di uscire e vedere persone, anche quelle più strette, la propria famiglia o lo stesso partner verso il quale, spesso, si presenta anche un notevole calo del desiderio sessuale.

Altri segnali da prendere in considerazione, se associati con i precedenti sono modificazioni nell’area del sonno ( insonnia o ipersonnia) e nell’area alimentare (aumento di peso e dell’appetito o, al contrario, calo di peso e dell’appetito).
Sentimenti di autosvalutazione o colpevolezza, continue rimuginazioni sul presente o sul passato, timori per il futuro.
Poca capacità di concentrazione, memoria, attenzione e problem solving. Continua sensazione di spossatezza, affaticamento fisico e mentale, poca tolleranza alla frustrazione.

A volte sono presenti pensieri di morte o suicidari vaghi; le persone possono, inoltre, provare un senso di continuo nervosismo e agitazione o, al contrario, un senso di rallentamento psicomotorio.

In ultimo, può essere molto utile far notare che c’è una discreta correlazione tra i disturbi depressivi e quelli ansiosi: alcuni sintomi tipici dell’ansia come la tachicardia, il vuoto allo stomaco, il senso di vertigine, il tremore ed altro ancora possono essere associati anche ad un problema depressivo.

Tutti questi sintomi è importante che siano presenti per un periodo prolungato di almeno 6 mesi per poter parlare di vero episodio depressivo.

Depressione mascherata

Vi sono alcuni casi specifici che accanto agli altri sintomi “classici”, che si presentano però in forma più lieve, concentrano la sintomatologia su aspetti più corporei, fisici: è il caso della “depressione mascherata” che può erroneamente venire scambiata con un disturbo somatoforme poiché, come dicevamo, i sintomi sono molto più frequentemente incentrati su somatizzazioni fisiche (dolori acuti agli arti, problemi gastrici, dolori muscolari, oppressione toracica, mal di testa, oltre alle già citate insonnia e stanchezza).

Questi sintomi spesso si concentrano al mattino e possono mostrare una “ciclicità” stagionale o periodica. In fase diagnostica è molto importante, se ci sono questi sintomi, condurre un’indagine per portare alla luce eventuali altri sintomi indicatori di depressione che possono non essere così evidenti ad una prima analisi.

Come si comporta un depresso

All’interno delle terapia breve strategica, oltre i segnali sintomatici già esposti, si analizzano, in maniera particolare, le “tentate soluzioni” tipiche di chi ha questo disturbo, ovvero le azioni messe in atto dalla maggior parte delle persone che vivono questo problema, per cercare di gestire o risolvere la sensazione di disagio provata. Sono principalmente quattro

comportamento di Rinuncia

la RINUNCIA (totale o parziale): colui che inizia a sentirsi “depresso”, inizia, gradualmente, a rinunciare alle cose che, ai suoi occhi hanno perso senso e valore o, semplicemente, sono troppo faticose rispetto al proprio senso di attuale debolezza e stanchezza. Questo “rinunciare” , all’inizio, può riguardare cose anche molto piccole e poco significative ad occhi esterni e che la persona si autogiustifica con motivazioni razionali sensate ( ad es. rinunciare al corso di nuoto o ginnastica poiché lavoro troppo e devo ritagliarmi più spazi di relax personale e riposo).

Ogni rinuncia, però, seppur piccola, contribuisce ad alimentare il senso di stanchezza, sfiducia, tristezza e apatia, motivo per il quale alla prima rinuncia (magari piccola), inizieranno a seguirne delle altre sempre più importanti, fino ad arrivare a rinunciare ad aspetti fondamentali della propria vita quali il lavoro o le relazioni affettive. E’ davvero importante cogliere i segnali di rinuncia, propri o di chi ci sta accanto, molto prima che arrivino a manifestarsi negli ambiti principali della vita. Per capire se l’interruzione di una attività sia una rinuncia o una normale scelta, ovviamente, va fatta una valutazione complessiva incrociando questo “campanello d’allarme” con gli altri sintomi precedentemente descritti.

Delega

la DELEGA ad altri (o pretesa): questa tentata soluzione è molto frequente in chi inizia a soffrire di depressione poiché risponde alla “fatica” sia fisica che psicologica che portare avanti alcune attività o compiti comporta per queste persone. Chiedendo ad un altro di fare qualcosa al posto mio, mi sollevo dalla fatica, dalla responsabilità, dal dovermi concentrare su qualcosa, dal dover spostare l’attenzione per una parte del mio tempo “fuori” di me (mentre chi è depresso vive la maggior parte del suo tempo rivolto internamente verso se stesso). Inoltre, il fatto di avere, intorno a me, persone che si prestano a fare le cose al mio posto porta anche un senso di appagamento per l’attenzione ricevuta, che in sé non è ovviamente negativa, ma crea il rischio di divenire un “vantaggio secondario “ che non spinge la persona a reagire alla propria depressione.

Vittimismo

il VITTIMISMO: iniziare a vivere la propria condizione come il risultato di una serie di eventi o azioni scaturite da altri di cui si è stati vittime impotenti è un ‘altra delle azioni spesso messe in atto da chi soffre di problemi depressivi. E’ una lettura della propria storia (per la gran parte delle volte reale, ovviamente) che è il risultato di mesi, o anni, passati a cercare di risolvere, senza successo, situazioni che non dipendono direttamente dalla persona.

La frustrazione di non poter fare nulla può tramutarsi, ad un certo punto, in un meccanismo di attribuzione di colpa (“sto male perché mi è successo….o perché quella persona mi ha fatto…”) che, in qualche modo, è un arrendersi, un avere, almeno, la sensazione di sollievo dovuta al fatto che la propria condizione “è colpa di qualcuno o qualcosa di esterno a me”.
Il vittimismo porta con sé una certo “sapore dolceamaro” : amaro perché la vita non è andata come avrei desideratao, dolce perché almeno posso dire che non è dipeso da me. Questo sollevarsi dalle responsabilità può alimentare la depressione stessa poiché non ci si ritiene più capaci di reagire e riprendere in mano le redini delle proprie situazioni.

Socializzazione eccessiva

la SOCIALIZZAZIONE (non sempre): per socializzazione intendiamo una tendenza a parlare in maniera esagerata indiscriminata dei propri problemi con persone specifiche o, in molti casi, con chiunque si presti ad ascoltare. Per chi attua questa soluzione, parlare dei propri problemi è uno sfogo irrinunciabile, per quanto in alcun modo risolutivo, anzi..più se ne parla, più non si pensa ad altro, più i problemi diventano l’unico centro attorno a cui gravita la persona. Bisogna dire che questa soluzione non è condivisa da tutti coloro che soffrono di depressione, molte persone, infatti, hanno una reazione opposta di totale chiusura e vivono i loro problemi tenendoli tutti dentro (poiché non vale neanche la pena più di parlarne).

Depressione Giovanile e depressione nell’anziano

Per quanto la depressione abbia una sua unica definizione diagnostica, come indicato dal dsm, la pratica clinica permette di notare l’esistenza di alcuni momenti che più di altri possano essere “terreno fertile” per lo svilupparsi di questo disturbo.
In particolar modo, questi momenti sono quelli che leghiamo a dei “passaggi” di fasi del ciclo vitale:

  • l’adolescenza e l’inizio della vita giovanile
  • la maternità o paternità
  • la vecchiaia e, in particolar modo, il termine della vita lavorativa

Questi sono sempre momenti di cambiamenti forti che richiedono una elaborazione che porti ad un nuovo equilibrio, cosa che a volte non procede in maniera automatica ma può incontrare difficoltà che, se non ben gestite, aprono la porta a periodi “critici” e difficili.

Oltre a questi momenti “ciclici” ci possono essere poi eventi straordinari della vita ( abbandoni, lutti, malattie, perdita del lavoro, calamità naturali….) in questi casi si parla di DEPRESSIONE REATTIVA. Sono particolari stati che, vissuti dalla persona come traumatici, la travolgono .Messa a dura prova, può scoprire di non avere le giuste risorse per affrontare tali eventi e di fronte alla frustrazione di non reggere il colpo è possibile che si aprano le porte alle tentate soluzioni viste precedentemente .Se messe in atto in maniera prolungata, costruiscono , piano piano, un vero e proprio disturbo depressivo.

Guarire dalla depressione

Come per tutti i disturbi d’Ansia e non solo, la Psicoterapia Breve Strategica ha testato negli anni un protocollo specifico per questo disturbo con strumenti specifici che vanno ad interrompere le tentate soluzioni disfunzionali e, di conseguenza, la struttura che mantiene il disturbo. L’approccio strategico si focalizza si ciò che la persona mette in atto come tentativi di soluzione per alleggerire il carico dell’ansia, della rabbia e del dolore provati, ma che, come già spiegato, lungi dal portare ad una risoluzione, creano solo un primo effetto di allentamento delle tensione ma in realtà mettono le fondamenta per la costruzione di un problema più grande, strutturato e complesso.

Testimonianze di guarigione

L. chiede aiuto perché da qualche mese si sente “scarica” e debole. Sta per andare in pensione, vede i primi segni fisici della vecchiaia, inizia a sentire il peso della solitudine (vive sola) e anche i progetti che fino ad ora l’avevano riempita di desideri, energie e voglia di fare , negli ultimi tempi hanno perso “colore” ai suoi occhi, inizia ad evitare di uscire e di incontrare persone, si rinchiude sempre più spesso in casa, si ritrova ad avere lunghi momenti di pianto improvvisi che non riesce a fermare.

Rinunciare ad una parte della vita sociale da una parte la “rassicura” ma dall’altra le rimanda un’immagine di sé che non conosce e che la spaventa, non sa più cosa le stia succedendo.
Inoltre, dopo i primi incontri conoscitivi, si trova a subire un lutto importante che si aggiunge al quadro già complesso, portandola a sentirsi ancora più sola e sperduta.

Vista la situazione di emergenza la prima cosa affrontata è stata l’elaborazione del lutto e di tutte le emozioni che piano piano si sono presentate. Dandole gli strumenti per affrontare il dolore e la rabbia, la terapia le ha permesso di poter avere uno spazio sicuro all’interno del quale permettersi di provare emozioni e sentimenti che, altrimenti, con tutta probabilità avrebbe provato a “congelare” e ad evitare, aumentando solo il disagio interiore.

In un secondo momento, piano piano che il lutto ha proceduto nelle sue fasi elaborative, ho accompagnato L. in una ridefinizione di se stessa e di questa nuova fase della sua vita, lavorando prima sui sentimenti “negativi” che erano soprattutto paura e delusione, e poi, in un secondo momento, su una parte più propositiva e ricostruttiva che rispondesse alla domanda “cosa vuoi farne del tempo che ancora avrai a disposizione?”.

Uscire, piano piano, dalla propria recriminazione interiore per rifocalizzarsi sul “fuori” l’ha aiutata a ritrovare energia e slancio e a costruire, sicuramente con fatica ma anche con soddisfazione, un nuovo equilibrio che rispondesse ai suoi bisogni e desideri attuali e non a quelli del passato che spesso sono solo idealizzati e frustranti.